Eolie o Lipari si chiamano le
isole che nella mitologia greca erano il regno di Eolo, re dei venti, del
dio Vulcano e dei Ciclopi. Eolo era un principe greco, che governava una
colonia sulle isole Eolie. Essendo egli un uomo perspicace, raggiunse una
certa fama perche’ riusciva a prevedere il tempo dalla forma delle nubi di
vapori che sovrastava un vulcano attivo, probabilmente Stromboli.
Vulcano, Lipari, Salina, Filicudi, Alicudi, Stromboli e Panarea
con l’isolotto di Bassiluzzo sono situate nel mar Tirreno meridionale a
nord, sul lato orientale della Sicilia e occupano complessivamente una
superficie di circa 120 Kmq, divisa in quattro comuni con circa 12.500
abitanti che vivono in 21 centri. Amministrativamente fanno parte della
provincia di Messina.
Emerse dal mare durante il pleistocene, sono state, nel tempo, più
volte modificate nelle dimensioni e nell’aspetto. Hanno coste e fondali di
incomparabile bellezza e paesaggi vari ed esaltanti, particolari formazioni
rocciose, fitta vegetazione. Il tempo del piccolo arcipelago sembra scandito
dall’attività dello Stromboli, che, all’incirca ogni quarto d’ora, arrossa
il cielo con i suoi “scatti”. Tutte le isole più le isolette e gli scogli
che punteggiano il mare conservano tracce di un’antica origine vulcanica: i
vulcanetti di fango bollente a Vulcano; le sorgenti di acqua calda; le bolle
gassose che sollevano l’acqua del mare a considerevole altezza; le grotte,
in puro vetro vulcanico o a strati orizzontali di lava nera, sulle cui
pareti l’acqua crea riflessi iridescenti; le rocce a colonne, a guglie, a
pennacoli a massi ciclopici; gli scogli dai nomi ricchi di echi come Dattilo
o il Dito, puntato verso il cielo; le Formiche: la Lisca Bianca; la Lisca
Nera; Mastro Cilivrasi che dà l’idea di un uomo avvolto in un mantello, con
il viso rivolto verso l’alto. Numerose le leggende tramandate su questi
splendidi posti; ogni grotta, ogni antro è ricordato come il regno di un
favoloso mostro marino: Filicudi era forse l’isola galleggiante di Eolo; nel
cono nero di Vulcano cavalcò il cavallo di Teodorico, re dei Goti, che si
spinse sull’orlo del cratere e precipitò con il suo cavaliere in un mare di
fuoco.
E' la storia stessa del
Mediterraneo e risale al Neolitico, le prime tracce di
insediamenti umani sono le capanne con base circolare in
pietra risalenti alla fine del 5.000 a.c. e che sono
state ritrovate sulla stessa Rocca di Lipari. Le Eolie
erano conosciute in tempi così remoti per due ragioni:
per la pietra vetrosa dell'ossidiana che veniva usata
per fabbricare lame e punte di frecce e per il vulcano
dell'Isola di Stromboli che è sempre stato un vero e
proprio faro per tutti i naviganti dell'antichità. Le
sue esplosioni ritmiche che avvengono a mt. 900 sul
livello del mare sono visibili, in condizioni di buona
visibilità, anche ad 80 miglia, molto di più di un
normale faro che sono posti di solito ad altezze molto
inferiori (quello di Palinuro pur essendo considerato
alto è a soli mt. 80 sul liello del mare ed ha portata
di 30 miglia marine.
Di villaggi neolitici se ne sono scoperti in tutte le
Isole Eolie, quelli che oggi sono facilmente visitabili
e ben visibili sono quello di Capo Graziano a Filicudi e
Capo Milazzese a Panarea. La Rocca di Lipari, dove ha
sede il Museo, ha tracce di insediamenti in tutte le
epoche, dal neolitico ai greci, dai romani ai barbari,
dai pirati ai nostri tempi. Sulle Isole sono state
scoperte tombe di tutte le epoche ed oggetti di ogni
genere e periodo, al Museo di Lipari le sale accolgono
un'esposizione ampissima che va dalle punte di freccia
in ossidiana ed arriva fino ai giorni nostri passando in
pratica per tutte le epoche.
La città di Lipari ha una storia antica, tanto
che si narra sia stata edificata da Liparo, prima della
guerra di Troia e si racconta di Ulisse e che nel suo
peregrinare, vi sia approdato ed abbia soggiornato alla
corte di Eolo e ne abbia preso in moglie la figlia
Telepora. Un'altra storia risale a Giuda, che
dimenticò di santificare il giorno di Pasqua ed il
signore punì la sua dimenticanza ordinandogli di arare
la terra tutto il giorno senza fermarsi e senza guardare
indietro. Giuda non resistette e si girò a guardare il
frutto della sua fatica e la campagna si trasformò in
mare e l'aratro ed i buoi si trasformarono in isole, le
Isole Eolie.
Nel 264 a.C., allo scoppio della prima guerra punica,
Lipari è alleata con i Cartaginesi e deve quindi subire
i ripetuti attacchi della flotta romana. Soltanto nel
252 a.C. il console romano Caio Aurelio la sottometterà
a Roma.
In occasione della guerra civile, viene conquistata tra
il 37 e 36 a.c. da Ottaviano contro Sesto Pompeo, ed i
partigiani di Pompeo vengono esiliati in Campania.
L'isola riprese a prosperare ed entrò nell'orbita di
Siracusa e poi di Roma, che valorizzò Lipari anche come
stazione termale.
Caduto l'Impero Romano le isole attraversano un periodo
di desolazione. La dominazione bizantina accentuò tale
decadenza. L'occupazione araba dal 827 al 1061 coincise
con una ulteriore fase di decadenza.
Dopo un lungo ed oscuro periodo, sovrastato da
incursioni arabe, Lipari rifiorì sotto l'egemonia dei
normanni che ripopolarono l'isola e rifortificarono il
suo castello. Sotto i vessilli del Gran Conte Ruggero, è
restituita alla fede cristiana con la fondazione di un
monastero benedettino dedicato a S. Bartolomeo. Nel 1131
viene ricostituita la sede vescovile a Lipari, prima
suffraganea all'Arcivescovado di Messina, quindi per due
secoli al Vescovado di Patti.
Fino al 1340 passando attraverso gli svevi, gli angioini
e gli aragonesi, le isole Eolie godettero di una
notevole prosperità grazie ai privilegi che i vari
governi andavano dispensando.
Nella guerra contro gli Angioini, Lipari parteggia per
questi e nel 1363 passa agli Aragonesi. Per volere di
Federico III è data in feudo ad Ulfone di Procida, ma
pochi anni dopo, revocata per tradimento di questi, è
concessa a Federico di Chiaramonte. Nel 1443 entra nei
beni della Corona di Napoli essendo regina Giovanna e
per decreto di Bonifacio IX è separata dalla Chiesa di
Patti. entra a fare parte del Regno di Napoli.
Un periodo di prosperità che termina poco dopo, con le
incursioni saracene. Nel 1544 una flotta turca
capitanata da Ariadeno Barbarossa, dopo undici giorni di
assedio, distrusse la città di Lipari mettendola a ferro
e fuoco e deportando in schiavitù circa 8.000 abitanti.
Carlo V la ripopolò, importando immigrati spagnoli e
campani, e la riedificò rafforzandone le mura. Soltanto
nel 1691 gli abitanti tornarono ad essere circa 10.000.
Solo con la quasi scomparsa della pirateria, verso la
fine del '700, l'abitato tornò ad espandersi anche nel
piano. Lipari seguì poi le sorti del Regno delle Due
Sicilie fino ai tempi nostri.
Agli inizi del XIX secolo Lipari divenne lo scalo
obbligato di parecchie linee marittime. Questo stato di
cose contribuì ad un grande sviluppo economico delle
Eolie, basti pensare che nel 1891 gli abitanti
superarono le 20.000 unità e le Eolie esportavano
malvasia, capperi e pesce conservato ed avevano una
marineria ricca e capace.
Momenti difficili vennero con la filossera che provocò
la distruzione di numerosi vigneti ed una generale crisi
economica che provocò l'emigrazione di quasi il 50%
degli abitanti delle isole e che finirono negli Stati
Uniti, in Argentina ed in Australia, tutte nazioni dove
oggi esistono comunità di eoliani molto consistenti.
La notorietà in Italia ed all'estero per le Isole Eolie arrivò nel
dopoguerra grazie al cinema ed al gossip con i film e le
storie di amore fra Rossellini, la Magnani ed Ingrid
Bergman che tennero banco per messi sui giornali
dell'epoca e che segnano l'inizio del turismo nelle
isole.
LA CATTEDRALE
Dedicata a San Bartolomeo, protettore delle Eolie, la
cattedrale fu fatta costruire dal Gran Conte Ruggero per
farne dono a frate Ambrogio, primo abate di tutte le
isole Eolie. Nel 1131 viene ricostituita la sede
vescovile a Lipari e Ruggero II, nel 1134, confermò la
donazione della Cattedrale alla comunità religiosa.
Nel 1544 i turchi di Ariadeno Barbarossa saccheggiarono
ed incendiarono la città di Lipari dando alle fiamme
anche la Cattedrale.
La costruzione di origine Normanna fu ricostruita nel
1200 (prova ne sono le volte ogivali) e subì successive
trasformazioni nel 1654 fino al 1861, anno a cui risale
l'attuale facciata.
L'unica testimonianza della costruzione originale è data
da una serie di capitelli del chiostro, i quali si
distinguono in due gruppi: il primo presenta un ornato
vario di tipo fogliaceo-geometrico; il secondo gruppo
soggetti figurati di valore simbolico-religioso con
tipologie decorative costituite prevalentemente da
immagini di animali.
L'interno, barocco a pianta basilicale, è diviso in tre
navate, affrescate con scene tratte da episodi del
Vecchio Testamento. Le cinquecentesche opere superstiti
sono collocabili nell'ambito della pittura manieristica
che diramandosi dalla corrente tosco-romana si congiunge
con i coevi fenomeni napoletani e siciliani. Tra queste
opere, notevole è la tela di S. Caterina d'Alessandria:
la Santa, rappresentata a figura intera con gli angeli
reggicorona, è strutturata in un rigido e arcaico
schematismo di matrice popolare e devozionale.
Nel braccio sinistro del transetto si trova la tavola
raffigurante la Madonna del Rosario del primo Seicento.
Sull'altare dedicato a San Bartolomeo è sita una statua
del santo, di pregiata fattura d'argento, risalente al
1728.
La mensa è composta da un paliotto centrale ligneo
dipinto come finto marmo in rosso e verde. In rilievo
due stemmi dorati e motivi floreali. Ai lati del
paliotto, i due pilastri esterni sono decorati a tarsie
con motivi geometrici e fitomorfi e due grandi stemmi
vescovili. L'altare è databile al diciottesimo secolo
per la ricchezza del tessuto cromatico, legato alla
tradizione dei marmorari messinesi e palermitani del
'600 e del primo '700. La sacrestia custodisce, infine,
i pregevoli Armadi del '700.
Nelle formelle a tarsie ritornano i motivi della grande
pittura settecentesca nelle invenzioni di delicati
accordi cromatici creati da una tecnica raffinata. Nelle
colonne sembrano ripresi i motivi decorativi
dell'Oratorio della Pace del 1790, distrutto nel 1908.
Opere come questa rivelano la presenza e la circolazione
nei cantieri di progetti e disegni molto diffusi in
Sicilia e ben noti, come quelli di altissima qualità di
Giacomo Amato (1643-1714) o di Nicolò Palma (XVIII
secolo).
Ancora oggi a Lipari ci sono le congreghe di origine
antichissima e si svolgono processioni rispettando usi e
tradizioni che risalgono ai tempi antichi.
IL MUSEO DI LIPARI
Il Museo di Lipari rappresenta uno dei musei
archeologici più importanti d'Italia, soprattutto per
quanto riguarda il neolitico e l'archeologia marina. In
esso sono esposti reperti provenienti dagli scavi
effettuati dagli anni 40 ad oggi, nelle Isole Eolie e
che vanno dal periodo preistorico al periodo
greco-romano.
Degne di nota sono le famose ed oramai storiche
ricostruzioni, con elementi originari, dei contesti di
scavo.
Le sale del museo, che si susseguono seguendo un ordine
cronologico nei due edifici situati ai lati della
Cattedrale, contengono le testimonianze delle civiltà
antiche, risalenti fino al 4° millennio a.C.
Un padiglione separato è dedicato alle testimonianze
provenienti dalle isole minori dell'arcipelago, ed
ospita anche la sezione di vulcanologia, ideata con
esclusive finalità didattiche, da L. Bernabò Brea e dal
vulcanologo A. Rittmann, allo scopo di illustrare la
natura geologica di ogni singola isola ed i fenomeni
vulcanici trascorsi ed attuali che le caratterizzano.
Fondato nel 1950, per opera del prof. Luigi Bernabò-Brea
e della sua collaboratrice Madeleine Cavalier, situato
all'interno del Castello sull'Acropoli, il Museo
custodisce materiale archeologico eccezionale,
testimonianza di millenni di storia e frutto di pazienti
scavi.
Tra le migliaia di interessanti reperti ricordiamo le
oltre 250 maschere , riproducenti le maschere della
commedia greca create in massima parte da Menandro.
Particolarmente interessante è anche la sezione di
archeologia marina, che raccoglie numerosi reperti
dovuti all'enorme numero di naufragi, avvenuti
nell'arcipelago dagli inizi del II millennio a.C. alla
guerra franco-spagnola del 1675 (Tratto dal sito
www.isoleeolie.it) |