Il comune conta 9.910
abitanti e ha una superficie di 6.051 ettari. Sorge in una zona collinare,
posta a 423 metri sopra il livello del mare.
Notevole è la produzione di cereali, olive, uva, castagne, come anche la
produzione di prodotti tipici caseari. Sul territorio sono presenti
allevamenti di ovini e bovini; nel settore artigianale attiva è la
lavorazione del legno e dei tessuti.
Anticamente il centro veniva indicato con il termine di origine bizantina
Ypsigro con il significato di luogo fresco. Nel 1316 Francesco
Ventimiglia fece costruire un castello sul vicino colle S. Pietro, dove vi
trasferì la contea; l'antico borgo cedette il posto a Castelbuono, così
chiamato per via del bello e imponente maniero.
Nel settore monumentale si ricorda il già citato Castello di epoca
medievale, a pianta regolare con torri quadrangolari, la Matrice Vecchia
dedicata a Maria SS. Assunta, consacrata nel 1494 e recentemente restaurata.
Castelbuono è poi un rinomato centro per la produzione della Manna,
lassativo ottenuto dall'incisione della corteccia del frassino.
All'epoca della colonizzazione greca risale la figura poetica del pastore
Dafni, nato sulle Madonie fra le delizie del Ninpharum Locus, nel boschetto
di Lauro irrorato dalle fresche acque sorgive. Etimologicamente a Lauro si
fa corrispondere Dafni. Inoltre reperti archeologici (soprattutto materiale
fittile nelle tombe) della civiltà greco-romana sono stati rinvenuti nella
necropoli di Bergi.
All'epoca della dominazione bizantina, e successivamente arabo-normanna, in
Sicilia è documentato il "casale d’Ypsigro", citato come “zona fresca in
media altitudine”. Documentano inoltre tali dominazioni i vari ruderi di
fabbricati in contrada San Guglielmo (forse il castello del Kadì,) le tracce
di necropoli, la tradizione che la Vecchia Matrice fosse originariamente una
moschea, e infine l’abside della chiesa di Santa Venera e il portale
dell’ex-abbazia di Sant’Anastasia.
Poiché il casale Ypsigro era giuridicamente incluso nella contea di Geraci,
possedimento dei signori Ventimiglia, ne seguì le sorti durante il periodo
svevo-angioino. L'abitato sorto presso il casale, nel 1282 contava circa
trecento abitanti e agli inizi del XIV secolo possedeva già tre chiese e
costituiva un centro di una certa importanza.
La famiglia Ventimiglia, da cui vennero importanti guerrieri e diplomatici e
il cui dominio si estendeva su vari paesi delle Madonie, imparentata con
l’imperatore Federico II, proveniva dalla Contea di Ventimiglia in Liguria,
e arrivò in Sicilia nel 1242.
Nel 1316 i signori di Ventimiglia fecero costruire un castello che dominava
l'abitato riutilizzando una struttura precedente, secondo il modello del
maschio (torrione centrale) cui si affianca la residenza del signore. Da
un’epigrafe tuttora murata sotto l’arco d’ingresso al piazzale del castello,
si apprende che il castello sorse per opera di Francesco Ventimiglia in
funzione di "belvedere" dell’antico casale bizantino. Sembra che lo stesso
conte, innamorato della mitezza del clima in confronto del rigido clima del
castello di Geraci, chiamasse il nuovo castello “Castellum Bonum”, ovvero
“Castrum Bonum”. L'abitato di Ypsigro nel periodo aragonese è in decadenza e
cede il posto nella toponomastica della Sicilia medievale alla nascente
Castelbuono. Il castello assisterà a fastosi splendori, ma anche a luttuosi
avvenimenti a causa della rivalità tra le famiglie Ventimiglia e
Chiaramonte.
Alla morte di Francesco Ventimiglia, avvenuta nel 1338, la contea di Geraci
e Castelbuono venne confiscata da Pietro d’Aragona, passando nel dominio
regio, fino alla restituzione a Enrico Ventimiglia nel 1394.
Nel 1454, Giovanni I Ventimiglia vi si trasferì con la sua “corte”, e
Castelbuono divenne il centro più vivace nel vasto patrimonio della
famiglia. Con il trasferimento viene spostata anche la sacra Reliquia del
teschio di Sant’Anna, dono del Duca di Lorena e trasportata in Sicilia dal
conte Guglielmo nel 1242, che era stata fino ad allora venerata nel castello
di Geraci.
Nel corso del XV e del XVI secolo, la corte nobiliare, potente e colta,
accolse diversi artisti, come Francesco Laurana che lavorerà al mausoleo
della famiglia. Al conte Filippo Ventimiglia si deve l’ampliamento della
Chiesa Madre, con la costruzione di una quarta navata. Fuori e dentro le
mura nascono chiese e conventi con l’intervento di maestri lombardi e
toscani che cureranno anche l’espansione urbanistica di un abitato che, da
città feudale, tenderà ad assumere le caratteristiche di città capitale. Nel
1520 Simone Ventimiglia donò alla Chiesa Madre lo spettacolare polittico,
raffigurante il Poema della Redenzione.
Nel 1595 Giovanni III Ventimiglia ottenne il titolo di principe di
Castelbuono, e il paese divenne contemporaneamente “capitale dello Stato di
Geraci”. Il principe organizzò il plotone d’onore dei "Cavalieri della
Stella", giovani che si addestravano nell’esercizio delle armi e
dell’equitazione. Il campo d’addestramento, recinto da mura, corrispondeva
alla spianata orientale del castello, chiamato poi il Piano del Marchese.
Notevole fu lo sviluppo religioso, culturale ed artistico grazie a questo
personaggio, il quale chiamò a Castelbuono i padri Cappuccini e i padri
Domenicani (ai quali venne affidata l'istruzione pubblica) per cui furono
eretti i conventi con le chiese annesse. Egli iniziò anche la costruzione
della Matrice Nuova nel 1602 e nel 1614 fece trasportare la fontana di
Venere Ciprea nel corso principale.
Nel 1632 “la terra “ ottenne lo status di “città”. In quest'epoca possedeva
i tratti d’una città giardino realizzata secondo modelli probabilmente
ispirati a Francesco Maurolico. Nella nuova trama urbana, per tutta la
seconda metà del secolo, s’incastrarono chiese, conventi e fontane, mentre
la Nuova Matrice si aprirà al culto nel 1701. Particolarmente vivace fu la
vita culturale: i Serpotta lavorarono alla cappella di Sant’Anna, il
castello viene ristrutturato e i Ventimiglia dotarono la città di un teatro.
Molto attive furono alcune accademie letterarie e Torquato Tasso fu per un
periodo tra gli artisti di corte. Negli ultimi decenni del Settecento la
città era divenuta centro d’attrazione per le famiglie nobili delle Madonie,
mentre la popolazione subiva il gravoso dispotismo del principe.
Nel 1812, infine, la costituzione siciliana abolisce i privilegi feudali; ma
pur scomparendo la grande nobiltà, Castelbuono scoprì la presenza attiva di
famiglie che ne tennero alto il prestigio con eminenti figure quali
Francesco Minà Palumbo. Tra il 1828 e il 1820, diverse scosse sismiche
danneggiarono il castello, e la Matrice Nuova perse i campanili e la cupola.
Nel castello fu demolito l’ultimo piano e, ingrandita la Cappella, si
crearono l’ingresso attuale e la sacrestia.
La città partecipò alle rivolte contro i Borboni nel 1848 e nel 1860,
ricevendo encomi da Giuseppe Garibaldi. Aderì alla rivolta sociale dei Fasci
Siciliani nel 1893, e subì lo stato d’assedio. |